Lugano e ritorno

Lugano e ritorno - Gabriele Zeller (olio su carta)
In palese ritardo sulla distribuzione, causa effetti sul clima del nostro umore, eccoci a un nuovo debutto e a un altro modo di raccontare vite ed emozioni. La storia di ottobre è di Romano Lorini, scrittore che è sempre stato nell’ombra dell’emigrazione, ma che tiene in sé una ticinesitudine incrollabile, un mondo emotivo che spesso sembra dimenticato nella fretta di un mondo che si fa globo. Lugano e ritorno è un lungo dialogo tra madre e figlia, che si annoda nel passato e travalica nell’urgenza del presente (e nell’urgenza di Lorini per la scrittura). Messa così sembra una di quelle barbose e oscure recensioni professionali, dove si fanno dei giri di parole che nascondano le pecche di un’opera. Invece no, il racconto di Lorini è bello e intricato, ma leggerlo anche due o tre volte per coglierne sensi e dinamiche è un piacere.
Gabriele Zeller, come sempre, ha interpretato e prodotto una copertina che è un piacere per gli occhi. La busta che gli abbonati riceveranno a casa reca due francobolli, come compenso estetico alla nostra grave mancanza di tempismo.
                                                                                  
Collettivo Arbok Group

Uno stralcio di Lugano e ritorno
Ci fu tuttavia una certa affinità nel nostro interesse per gli uomini che ci venivano in casa. Prima da bambine, poi da adolescenti, credo perché cercavamo entrambe inconsciamente un sostituto per quello che ben presto si era fregato di noi.
Del tuo matrimonio fallito prima ancora che nascessi non hai mai voluto parlare, né ci fu chi volle farlo in tua vece. Un tema tanto proibito, che cominciai ben presto a chiedermi se io c’entrassi per qualcosa.
Hai sempre mantenuto una certa distanza con tutti, sei sempre stata gelosa della tua libertà. Era il tuo modo per tener duro in una vita che non ti è stata mai facile.

Né fu certo lui a fugare i miei dubbi. L'ultima volta che venne, corsi a nascondermi e non mi cercò nemmeno. Aveva portato un regalino solo per Nicla. Mi consolò che lei non ci giocasse mai. Ritornò in patria e vi morì qualche anno dopo. La notizia non mi fece niente e ho sempre creduto nell’istinto.

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